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Over the rainbow – Il colore come espressione dell’anima!: Kouros presenta Laura Oskene, l’artista che ci colora di emozioni…

 

 

Nell’ambito della collettiva “Over the rainbow – il colore come espressione dell’anima”, ospitata a Firenze presso la Galleria Simultanea dal 3 Giugno al 15 Giugno, l’Associazione Kouros è lieta di presentare l’artista Laura Oskene, che esporrà due opere dal titolo “L’abbraccio” ed “En-theos”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Laura, permettici di conoscerti meglio.. Quando si è acceso in te il fuoco sacro dell’arte?

 

Per me l'arte consiste essenzialmente in un percorso di ricerca individuale e più precisamente rappresenta il perfetto punto d'incontro fra la dimensione dell'artista, inteso anche come canale, e gli stimoli che ad essa pervengono, siano questi appartenenti alla sfera del reale o ad un'altra prettamente metafisica, che dando origine ad un moto interiore generano poi quella necessità, (di ricerca ed espressiva) da cui fuoriesce infine l'opera d'arte. Personalmente ho cominciato ad avvertire quest'urgenza poco prima dei vent'anni, muovendomi dapprima nel mondo delle parole scritte e nella vita stessa per conto di queste. Ma forse ciò accadeva ancora in modo troppo barbarico e poco mediato, come in un incontrollato e giovanile impulso di consumare ogni cosa in nome di una divinità/padrone  – che per me allora era la letteratura – il che ha portato il mezzo ad esaurirsi, costringendomi a cambiare linguaggio oltre che metodo d'approccio. Ho così cominciato a sentirmi attratta dal mondo dei video, arrivando anche a girare un mediometraggio, (a tutt'oggi incompiuto) completamente autoprodotto dal tema simbolico – surrealista riguardante l'ascesa spirituale di un personaggio di cui il film illustrava il percorso.

Il progetto è stato accantonato da me con l'intenzione di riprenderlo in seguito,  avendo perso temporaneamente interesse per esso a favore di altre cose tra cui, sul versante artistico, il disegno seguito a ruota dalla pittura, entrambi appresi da autodidatta, se si escludono alcuni proficui scambi avuti con altri artisti che mi hanno spinto a continuare su questa strada.    

 

Cosa senti al momento della creazione dell’opera? Sai già esattamente quello che vuoi realizzare o lasci che la mano faccia da sé, in una libera estrinsecazione della tua fantasia?

 

Preciso che il rapporto che intrattengo con la pittura e il disegno è estremamente più sereno e disimpegnato rispetto a quello che a suo tempo mi legava alla scrittura. Esso consiste semplicemente in una serie di bei momenti nei quali mi siedo al tavolo e comincio a creare partendo da un soggetto, (in genere una foto) per poi vedere via via come esso si trasforma, arrivando talvolta a dar vita a qualcosa di completamente diverso che finisce poi con l'emergere dalla trama di pennellate, colpi di matita e pastello che io vado a sovrapporre al foglio o alla tela. E' un processo nel complesso oltre che piacevole, quasi liberatorio, a tratti primitivo e ancestrale che fa tornare bambini da adulti e io in più di un'occasione mi son ritrovata a prendere direttamente il colore con le mani e ad applicarlo su legno secondo movimenti liberi e istintivi, sentendo così di contribuire alla rappresentazione dell'anima del dipinto.

 

Alla nostra collettiva esponi “L’abbraccio” e “En-theos”,  due opere che si caratterizzano per la presenza di colori molto accesi e da un’aura di mistero, palpabile soprattutto nell’opera “En-theos”. Raccontaci come sono nate e se vi è un significato nascosto che vorresti trasmettere attraverso di esse?

 

Parto da “En – Theos” perchè è un esempio di quanto dicevo sopra, circa la possibilità di utilizzare direttamente i polpastrelli nella stesura del pigmento sul supporto, il che è ravvisabile in quell'esplosione informe di colore che parte dal petto del personaggio per poi espandersi tutt'attorno. Il soggetto che ha ispirato l'opera e che è stato da questa notevolmente trasfigurato è un membro della tribù Surma che vive nella bassa Valle dell'Omo, sul confine Etiope, di cui ho trovato una foto in rete. Per un po' di tempo sono stata notevolmente affascinata da questo genere di soggetti tribali e dal loro mondo relativamente privo di sovrastrutture che si sviluppa accanto al nostro come un simbolo di purezza incontaminata che ancor oggi resiste in alcune zone del pianeta. 

Il titolo significa letteralmente “avere un Dio dentro di sè” vale a dire essere animati da una forza sacrale a cui ci si abbandona, uno slancio inconoscibile, una passione che per me può coincidere con una rappresentazione metaforica dell'arte o con l'estasi dei santi, dei mistici o dei folli primitivi. Ma anche dei poeti.

 

“L'abbraccio”, invece, nella sua essenzialità è una pura e semplice rappresentazione dell'amore di coppia, (o almeno così l'ho inteso io) in tutti i sensi e le declinazioni possibili che un tema del genere può avere. Dopo averlo concluso, guardando le braccia del soggetto maschile che stringe ad occhi chiusi la donna ripresa di spalle, mi ha dato quasi l'impressione fossero prive di epidermide e che quindi questo abbraccio nudo, senza pelle, acquisisse ancora più forza e autenticità. Insomma che fosse l'immagine di due persone che si amano profondamente, al di là di ogni corazza, comprese quelle naturali che caratterizzano la nostra esistenza terrena e che ci proteggono da tutto il resto, esterno  e perciò nocivo a noi.

 

Quali progetti hai per il tuo futuro artistico?

 

Sembrerà un pò buffo, ma quel che ho prodotto finora in campo figurativo l'ho fatto senza conoscere nulla di anatomia, perciò uno dei miei progetti per il futuro, per arrivare ad articolare meglio il mio linguaggio e renderlo più libero, è sicuramente dedicarmi a questo tipo di studio, cosa che peraltro ho già cominciato a fare da un pò di tempo a questa parte.

Per il resto penso mi farebbe piacere ultilizzare altri mezzi e materiali diversi come l'argilla o produrre piccoli oggetti artigianali. Vedrò cosa mi dice l'ispirazione.

 

Alla luce della collettiva “Over the rainbow”, da noi organizzata, che si concentra sul colore come espressione dell’anima, qual è il tuo pensiero a riguardo? Il colore ha davvero questo potere e dunque la capacità di far vibrare le corde più profonde dell’animo?

 

Sicuramente ci sono varie teorie del colore e della percezione che possono dare risposte a questa domanda ben più elaborate e precise di quella che potrei dar io ora rispondendovi così su due piedi. Tuttavia, quello che posso dire sulla base della mia esperienza sia come autrice che come spettatrice è che il colore, così come la forma, dialogano in modo quasi inconscio con il nostro animo trasmettendoci dei significati sottili di cui non sempre siamo consapevoli. E chiaramente, anche se spesso indipendentemente dalla volontà dell'autore, riflettono molto della sua anima, del modo in cui percepisce il mondo circostante e sente il prossimo, i luoghi, le persone. Benchè ovviamente ci siano ampie eccezioni e questa non sia una regola.

Concludendo, io stessa non avevo mai fatto caso, prima che altri tempo fa me lo facessero notare, (oltre naturalmente a voi oggi) che le mie opere riflettono un ricco utilizzo del colore e che sono perciò vivaci. Non so da cosa dipenda, ma se fosse per caso, anche in minima parte, una spia del fatto che nonostante le difficoltà e i compromessi che il mondo odierno impone, anch'io sia riuscita a mantenere dentro me uno spazio, neppure tanto piccolo, dove regna la Vita e che questo pur rinnovandosi abbia saputo sopravvivere ad ogni ostilità, offrendomi un luogo rigenerante nel quale trascorrere tutto il tempo che riesco a dedicargli, mi parrebbe una un'ipotesi adeguata. 

Salvo che allora dovrei utilizzare il triplo del colore in più. La ringrazio per l'intervista.  

 

Grazie a lei Laura, un animo puro e sensibile che ci ha regalato un po’ di sé, frammenti di un universo variopinto che restituiscono colore alle nostre esistenze, a volte troppo grigie. 

 

 

Associazione Kouros

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